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L’inquinamento può causare secchezza oculare?

Inquinamento ambientale: una panoramica

Il contatto ripetuto fra sostanze inquinanti e superficie oculare può influenzare la composizione del film lacrimale. E’ noto da tempo il rapporto di causalità fra occhio secco e ambiente, supportato da molti studi scientifici. Nei paesi industrializzati, infatti, l’inquinamento atmosferico mostra effetti negativi sul peggioramento della secchezza oculare. La stretta correlazione fra le due condizioni è stata utile nel definire le forme di occhio secco indotte dall’ambiente come sottotipi della forma di occhio secco pura.

L’aria che respiriamo è composta quasi dall’80% di azoto, circa dal 20% di ossigeno con tracce di anidride carbonica e altre specie in quantità nettamente inferiori tra le quali emergono miscele di particolati (PM) che si differenziano per dimensione, morfologia e composizione. Tra le diverse sostanze presenti nell’ambiente sono ulteriormente disperse molecole provenienti da fumo di tabacco, polline, muffe, pesticidi e monossido di carbonio. Tutte queste particelle hanno dimensioni estremamente piccole capaci di penetrare all’interno degli strati endoteliali della superficie oculare e capaci di innescare una cascata infiammatoria. Quest’ultima, infine, porta alla sintomatologia di occhio secco.

Nonostante alcune delle molecole siano presenti in concentrazioni molto basse (in parti per milione PPM), molte di esse hanno la capacità di alterare l’integrità del film lacrimale inducendo rapidi fenomeni irritativi. Questi ultimi possono essere tanto più sensibilizzanti e fastidiosi quanto più un individuo risulta predisponente ad instaurare secchezza oculare. Questa propensione è legata alla presenza di fattori di rischio individuali come età, sesso, esposizione prolungata su device elettronici, uso di lenti a contatto, patologie autoimmuni, condizioni allergiche, microbiota congiuntivale alterato, disbiosi intestinale. A tutti questi elementi possono aggiungersi fattori di rischio ambientali come un’esposizione prolungata ad alti livelli di inquinanti come anidride carbonica (C02), diossido di azoto (NO2), aria di ricircolo delle stazioni ferroviarie o della metropolitana, temperature estreme, traffico urbano. Un ruolo ancora dibattuto sulla secchezza oculare è quello degli UV. Questi raggi mostrano un effetto nella regolazione dell’equilibrio lacrimale anche se ad oggi non ci sono prove concrete che dimostrino se rappresentino un fattore di rischio vero e proprio per la secchezza oculare.

Tra gli altri fattori di rischio troviamo:

ALTITUDINE

L’altitudine e la conseguente diminuzione della pressione parziale dell’ossigeno induce la superficie oculare alla sintesi di nuovi vasi linfatici (linfagiogenesi) a livello delle ghiandole lacrimali. Questo rappresenta un indice di infiammazione oculare. A tutto questo si aggiungono le cattive abitudini date dall’errato uso di lenti a contatto che spesso vengono utilizzate per molte ore nell’arco di una giornata in montagna.

immagine di metropoli

UMIDITA’

I bassi livelli di acquosità dell’aria (umidità) che spesso possono ritrovarsi negli uffici favoriscono una diminuzione della componente acquosa presente nella lacrima determinando una riduzione del tempo di permanenza del film lacrimale sulla superficie oculare (BUT). Questo compromette severamente la funzione dell’occhio di lubrificarsi adeguatamente. Dunque è sempre buona norma mantenere negli ambienti chiusi un livello di umidità dell’aria pari a circa il 60%.

L’inquinamento e infiammazione oculare

La sintomatologia della secchezza oculare indotta dall’inquinamento ambientale è quasi interamente paragonabile a forme di secchezza oculare pura e si innesca da una combinazione di fattori interni ed esterni. I sintomi comprendono irritazione oculare, sensazione di occhi pesanti e stanchi, bruciore e rossore oculare e sensibilità alla luce (fotofobia). Il grado di intensità della reazione avversa è dipeso dalla natura dello stimolo allergenico che ne ha causato la comparsa. Le molecole nocive presenti nell’aria svolgono il ruolo di fattori allergenici. Questi ultimi, prendendo contatto con i recettori presenti sulla superficie oculare, innescano una risposta difensiva che evoca il rilascio di molecole infiammatorie. Queste ultime vanno ad infiltrarsi nelle strutture oculari portando a modifiche del volume lacrimale fisiologico oltre a quelle relative alla sua composizione. Inoltre, l’esposizione a gas nocivi contribuisce ad aumentare i livelli dei mediatori dell’infiammazione e i meccanismi di morte cellulare (apoptosi).

Giovane donna che instilla lacrime artificiali

A livello microscopico si assiste ad un aumento di volume delle cellule caliciformi della congiuntiva oltre ad alterazioni strutturali a carico dei margini palpebrali superiori e inferiori che sono tappezzati dalle ghiandole di Meibomio.

La risposta adattativa porta ad innescare una fase iniziale con aumento dell’osmolarità lacrimale e della cascata infiammatoria a cui fa seguito una seconda risposta di adattamento tardiva in cui i livelli di osmolarità scendono avvicinandosi ai valori fisiologici. Allo stesso tempo, però, in questa fase si assiste alla riduzione di densità delle cellule caliciformi congiuntivali. Il risultato è un’alterazione del film lacrimale tale da compromettere la funzione di barriera oculare e conseguente danno all’epitelio corneale.

Dunque, seguendo abitudini corrette per la salute dei nostri occhi (come limitare l’uso delle lenti a contatto), è possibile arginare gran parte dei fattori di rischio che predispongono alla secchezza oculare indotta dall’ambiente. Tuttavia qualora questo non sia possibile (ad esempio in particolari condizioni lavorative), è opportuno sottoporsi ad una visita oculistica completa per escludere eventuali problematiche a carico della superficie oculare.

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FONTI

Monica Alves – ” Is dry eye an environmental disease?” – Jun 2014 – https://www.scielo.br/j/abo/a/3QzdQ8ZshvjqgNFL5VxhPdB/?lang=en#

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